Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in gran parte del mondo sale la mania per un’invenzione che i più etichettano come un “passatempo per ricchi che hanno troppi soldi da buttare via”, oppure come una “moda passeggera che mai si sostituirà al cavallo”: parliamo dell’automobile. Oggi sappiamo com’è andata, ma spesso si ignora (persa tra le pieghe di una storia molto frammentata) che anche Palermo fu a suo modo una protagonista di quegli anni pionieristici; perché sì, a Palermo si costruivano automobili.

L’APIS e l’AUDAX

Erano ben due le realtà palermitane che, in forma assolutamente artigianale, iniziarono a costruire automobili. La cosa non è di poco conto considerando che certamente la città non godeva del nascente “intorno” che potevano vantare città divenuta poi capofila in Italia come Torino e Milano. Aggiungiamoci anche la complicazione che la caratteristica geografia comportava (un’isola lontana dalle dinamiche europee).

Ciò che probabilmente ha reso possibile la nascita di avventure di questo tipo, e che in quel momento Palermo sta divenendo una delle capitali della Belle Époque, sapientemente orchestrata dalla famiglia Florio (tra impresa, politica e prime corse automobilistiche), dai grandi architetti del Liberty come Basile e Damiani Almeyda e dalle varie famiglie inglesi che iniziarono a fare industria nell’isola come ad esempio i Whitaker. Insomma, Palermo è il luogo in cui andare (paragonata a Parigi) che ha fatto anche dei suoi “limiti” possibilità uniche, connettendosi alla modernità internazionale del momento. In questo contesto l’idea del sogno dell’automobile trova terreno fertile…

APIS

Venne fondata dal Commendatore Eugenio Oliveri, figura di spicco del panorama politico e industriale palermitano: Senatore del Regno, tre volte sindaco di Palermo e presidente della Cassa di Risparmio. Aveva tutte le caratteristiche per diventare “L’Agnelli palermitano”.

Eugenio Oliveri

Nel 1903 rileva uno stabilimento di “costruzioni meccaniche con fonderia” dal Cavaliere Pietro Corsi, lasciandogli però l’incarico di direttore tecnico. La prima fabbrica era specializzata nella costruzione di “caldaie a vapore, macchine di estrazione, macchine motrici, pompe elettriche, motori idraulici, presse idrauliche, motori a gas”, ma ben presto a queste attività si aggiunse anche la costruzione di “vetture elettriche da 4 a 10 hp, vetture a benzina da 5 a 10 hp con motori a 1, 2, 4 e 8 cilindri, con o senza leva di velocità per marcia indietro, trasmissione cardanica ed a catena, raffreddamento a ventilatore (proprio brevetto), munite di tutti i perfezionamenti finora scoperti, automobili a vapore da 25 a 50 hp”. Eh già anche auto elettriche! Che non sono dunque una trovata dell’ultim’ora (in verità erano preferite a quelle a benzina, ma questa è un’altra storia).

Teoricamente e tecnicamente, almeno sulla carta, l’iniziativa aveva tutte le basi per affermarsi ma purtroppo tale esperienza ebbe vita breve producendo in tutto una decina di esemplari di automobili, un risultato comunque di tutto rispetto per quei tempi pionieristici (la FIAT nel 1899 produsse il suo primo modello in soli 8 esemplari) in cui l’auto potevano permettersela in pochissimi ed era un’invenzione tutta da perfezionare costruita artigianalmente.

Ad oggi non sappiamo perché il Commendatore Oliveri rinunciò a tale promettente avventura, si dimostrò sempre molto interessato alla mobilità cittadina, infatti come sindaco inaugurò la prima linea tranviaria elettrica, quella tra piazza Bologni e Rocca di Monreale nel maggio 1899. Esteticamente uno dei modelli prodotti, pervenuto a noi solo via foto, somigliava molto a certe realizzazioni di alto livello della francese De Dion-Bouton, al tempo uno dei riferimenti migliori, e possiamo supporre che la meccanica potesse essere basata su uno dei modelli d’oltralpe (stessa cosa accadde per esempio alla Renault e alla Darracq Italiana che genererà più avanti la Alfa Romeo).

AUDAX e dintorni.

Qui le notizie si fanno molto più scarne. Sappiamo solo che venne fondata da Vincenzo Pellerito con sede in Via Malfitano, e che vennero costruite solo 5 automobili.

In verità ci sarebbe anche un terzo “costruttore”, l’industriale tale Savatteri che si dilettò nella costruzione di un prototipo poi finito nella bottega di un rigattiere in Via Calderai che se n’era assicurato il possesso a buon prezzo: settantacinque lire.

L’automobile “Made in Florio

Anche qui i Florio non potevano mancare. L’appassionato Vincenzo Florio non si fece scappare l’occasione di poter diventare costruttore di automobili anch’esso, forte di una situazione economica solida e di una conoscenza profonda del mondo automobilistico (sia dal punto di vista tecnico che organizzativo). Si ricorda come nel 1900 darà il via alla Coppa Florio che da Brescia si sposterà fino ad approdare in Sicilia dal 1914.

Tutto inizia a Torino nel 1911 per mano di Giuseppe Cravero che progetta una vettura prototipo affidandone la realizzazione alla torinese Officine Meccaniche Beccaria, dei fratelli Beccaria che dal 1905 producono componenti meccaniche per automobili. L’iniziativa attira Vincenzo Florio che mette i suoi capitali dando vita alla Beccaria-Florio. Il primo modello chiamato 18/22 HP (ovvero la potenza in cavalli) era mosso da un 4 cilindri di 2951 cc e offerta nelle versioni turismo e sport: ottenne un buon decimo posto al Giro di Sicilia del 1912 guidata dallo stesso Cravero. Ma nel 1914 Vincenzo Florio, in verità non soddisfatto dai risultati ottenuti, ritira il suo appoggio all’impresa, che comunque continuerà sotto il nome prima di Beccaria e poi “Z” fino alla chiusura nel 1916.

Si chiude qui una prima parentesi dell’automobile palermitana, tra coraggiosi tentativi e promettenti iniziative. Ma il legame “industriale” tra Palermo e l’automobile non terminerà qui..

Federico Signorelli

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