Quando in Sicilia l’automobile diventò “femmina”
L’automobile dei primi anni del 900’ era una recente invenzione destinata prevalentemente a nobili, ricchi industriali e a chiunque avesse avuto “soldi da sperperare”. Era un’oggetto molto costoso oltre che “strano” per i più, che lo reputavano una “diavoleria moderna” dal successo momentaneo. Sappiamo bene come andò a finire, e lo immaginavano anche schiere di costruttori, inventori ed appassionati gentleman driver che si cimentavano nelle prime pericolose (molto spesso fatali) corse automobilistiche tra fascino, emozioni, passione e voglia di modernità.
Ma questi erano specialmente uomini, cosa oggi impensabile ma che al tempo rappresentava una certa normalità; che in Sicilia, ad esempio, venne platealmente interrotta dalla partecipazione di Maria Antonietta Avanzo alla Targa Florio del 1922 sulla sua Alfa Romeo 20/30 HP ES Sport e con quella di Elisabeth Junek (Eliška Junková) alla Targa Florio del 1927 con la sua veloce Bugatti Type 35B.
Ma in realtà lo “scossone” avvenne molti anni prima, sempre in Sicilia, e grazie a quella che diventerà la prima donna a ricevere la patente in Italia: Francesca “Nella” Mirabile Mancusio.
Nasce il 10 novembre 1893 a Caronia, in provincia di Messina da una ricca famiglia borghese di possidenti terrieri. Fin da giovanissima si dimostra fortemente indipendente, avventurosa, eclettica, rivoluzionaria e antesignana di un modo di vivere decisamente moderno e fuori dagli schemi; doti che incantarono il giovane avvocato Ignazio Mirabile con il quale convolò a nozze all’età di 16 anni nel 1909. Evento che, come si conviene, andava festeggiato con un gran dono di nozze che il facoltoso padre di Francesca, il Cavalier Luigi Mancusio, vide addirittura in un’automobile, tenendo certamente conto del “piglio” della giovane figlia; ma per lei non volle un’auto qualsiasi, ma una nobile, sfarzosa e costosissima Isotta-Fraschini AN 20/30 HP nuova di zecca che comportò l’esborso di ben 14,500 Lire (al tempo lo stipendio medio era di alcune lire al mese, se si era fortunati). Al tempo l’azienda milanese Isotta-Fraschini era uno dei marchi automobilistici più prestigiosi al mondo, al pari di Rolls-Royce (se non superiore) e rappresentava semplicemente uno dei punti massimi del lusso: motore 4 cilindri da 4940 cc e 30 CV, velocità massima di 70 km/h ed una regale carrozzeria tipo “Laudaulet” personalizzata e costruita dalla “Pavesi, Crespi & C.” di Milano.
Ma per poterla “condurre” anche al tempo occorreva un permesso, ovvero la patente: così, dopo la prova guida effettuata sul palermitano Monte Pellegrino, il 5 giugno 1913 Francesca Mirabile Mancusio ottenne la patente di guida (da Regio Decreto n. 798 del 30 giugno 1912) o, come recita la stessa il “certificato di idoneità a condurre automobili con motore a scoppio”, rilasciata dal Prefetto di Palermo che la rese prima donna italiana ad ottenere questo ambitissimo “privilegio”.
È bene dire che in quegli anni esisteva anche una “licenza per la conduzione di veicoli” che veniva rilasciata dalle prefetture sotto il controllo del Genio Civile, a seguito di una prova di guida e di una normale visita medica (come da Regio Decreto n. 416 del 28 luglio 1901) che, pur non essendo una vera patente, era assolutamente necessaria per arrivare ad ottenerla: anche la Nostra l’ottenne da parte del “Circolo Ferroviario d’Ispezione di Palermo”, ma era appunto l’ambita patente che apriva definitivamente le porte al mondo della guida a 360°. Tale licenza venne rilasciata anche ad altre donne, tra queste la torinese Ernestina Prola nel 1907 che a lungo venne considerata prima donna “patentata” d’Italia, almeno fino alle ricerche effettuate nel 2006 da Andrea Alessi, presidente della ACAIS (Associazione Cultori Auto di Interesse Storico) di Messina, che scoprì come in realtà il primato risiedesse altrove.
Nel suo diario personale, Nella descrisse lo stupore e lo scalpore che scatenò quando per la prima volta, con quella enorme e veloce automobile, sfrecciò per le strade del piccolo centro di Capizzi, tra lo sguardo incredulo degli uomini e quello impaurito dei contadini che percepirono l’evento come una sorta di presenza “nefasta”, contro natura oltre che aliena: proprio per questo le attribuirono la violenta grandinata che si scatenò in seguito comportando danni ai raccolti. Da quel momento non la fermò più nessuno arrivando a compiere un’altra incredibile esperienza e che lei stessa racconta in modo colto ed attento nei suoi scritti: un viaggio, questa volta su una Lancia Appia (nel dopoguerra), insieme ad un’amica al Circolo Polare Artico, e poi ancora per l’Europa… perché «Voglio andare in un paese più civile del mio!». Nel 1954, decise di donare la sua cara Isotta-Fraschini a Carlo Biscaretti di Ruffia, fondatore dell’odierno Museo Nazionale dell’Automobile di Torino (MAUTO), scrivendo: «in attesa che qualcuno facesse quello che lei ha fatto, ho sempre conservato una cara vecchia automobile che io stessa guidavo quando in Sicilia non eravamo più di due o tre donne al volante… L’auto è così triste mentre guarda dall’alto della sua mole massiccia la (Fiat) 1100 E che le sta vicina, e pur disprezzandola come un giocattolo la invidia».
Oggi l’auto fa bella mostra di sé nelle prime sale del museo torinese, con tanto di originale patente appuntata sulla stessa.
Francesca Mirabile Mancusio si spegnerà il 22 gennaio del 1974 nella splendida “Villa Maria Giovanna” (ancora esistente e dove nel garage trova riposo la Appia dei viaggi a Capo Nord), ed anni fa su iniziativa dell’ACAIS gli è stato intitolato il tratto di lungomare di Caronia Marina adiacente alla villa, sito riconosciuto dalla Regione Sicilia come “luogo dell’identità e della memoria”.
Cosa fa fare la ricerca della libertà e dell’indipendenza.