La vecchia dell’aceto impiccata ai Quattro Canti

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Chi vuole può inviare i suoi scritti per condividerli con tutti. Oggi ospitiamo l’amico Sandro, esperto di Palermo e soprattutto cicerone eccezionale nella Chiesa del Gesù (conosciuta meglio come Casa Professa). Ci racconta una storia di Palermo nata proprio nel crocevia di Palermo: i quattro canti.

Piazza Vigliena ovvero il Teatro del Sole

di Sandro Mammina

La piazza è comunemente conosciuta come Quattro Canti di città e rappresenta il centro di snodo dei quattro settori simmetrici che formano il centro storico nonché l’incrocio degli assi delle due vie principali: via Maqueda e Corso Vittorio Emanuele ovvero l’antica via Toledo. In questo modo si intendeva affermare la volontà di razionalizzare lo sviluppo architettonico della città che ricordiamo in quel periodo è tra le più popolate d’Europa e con i suoi 140,340 abitanti dopo Napoli la città italiana più popolosa d’ Italia.

Alla piazza è stato dato anche il nome di “Teatro del Sole” perché dall’alba al tramonto è sempre illuminata dai raggi del sole, prende invece il suo nome dal marchese di Vigliena fautore della sua realizzazione. Al progetto lavorarono gli architetti regi Giulio Lasso prima e in secondo tempo Mariano Smiriglio, in un arco temporale che va tra il 1608 ed il 1620 per la parte architettonica, la piazza ha forma ottagonale ed infatti altro nome con cui è chiamata è “Piazza degli Ottangoli” e rappresenta l’emblema della riforma urbanistica voluta dalla corona spagnola. La sua concezione è quella di una spettacolare e fastosa macchina scenica che vede trasformati i quattro edifici che si trovano all’incrocio come quinte teatrali attraverso un alternarsi di soluzioni scultoree ed architettoniche. Ognuno dei cantoni è formato dalla sovrapposizione di tre ordini architettonici: dorico, ionico e composito, al centro del primo ordine di ogni cantone è posta una fontana sormontata da una figura femminile rappresentante una stagione: la Primavera, l’Estate, l’Autunno e l’Inverno. Nel secondo ordine in corrispondenza alle stagioni si trovano le statue dei quattro re Spagnoli: Carlo V, Filippo II, Filippo IV e Filippo III. Infine, nel terzo ed ultimo ordine troviamo le statue delle quattro sante palermitane a protezione dei mandamenti che hanno alle loro spalle, esse sono: S. Cristina con alle spalle il mandamento Palazzo Reale, S. Ninfa per il Monte di Pietà, S. Oliva per il Castellammare e S. Agata per il mandamento Tribunali.

A coronamento di ogni facciata tre stemmi: quello reale al centro e quelli viceregio e senatorio agli angoli. È proprio in questa piazza che il 30 luglio 1789 viene giustiziata tramite impiccagione la cosiddetta “vecchia dell’aceto” al secolo Giovanna Bonanno una figura diventata leggendaria nella Palermo di fine settecento. Giovanna Bonanno è una vecchia mendicante con fama di fattucchiera che rimasta vedova si ingegna per sbarcare il lunario. Scoperto per caso che un banale composto a base di arsenico, usato in quei tempi contro i pidocchi, se ingerito poteva diventare letale, come da lei stessa sperimento su un povero cane randagio, ha l’idea di vendere a chi ne faccia richiesta “l’acqua miracolosa” o “arcano liquore aceto” come lei la definisce, una sorta di magica pozione. Le acquirenti sono donne che acquistano la pozione per sbarazzarsi definitivamente di mariti diventati violenti o morbosamente gelosi o semplicemente di troppo e quindi di ostacolo per una nuova relazione. Diverse vittime causò “l’acqua di Palermo” prima che la Bonanno venisse scoperta, di conseguenza arrestata ed infine giustiziata.

Il palco per l’esecuzione verrà allestito proprio in Piazza Vigliena e sarà oggetto di attenzione da parte dei palermitani già diverse ore prima dell’evento, nobili dentro le carrozze e plebe sono assiepati ad assistere allo “spettacolo”. Sono le cinque del pomeriggio di una calda giornata di luglio, l’orario scelto è quello usuale per le esecuzioni e Giovanna Bonanno sta vivendo gli ultimi istanti della sua sciagurata vita, il tragitto che la separa dal patibolo è quello che va dalla Vicaria cioè le antiche carceri che si trovavano alla fine di Corso Vittorio al posto di quello che è l’ottocentesco Palazzo delle Finanze fino a Piazza degli Ottangoli. Il corteo è preceduto dal “basso ministro di giustizia a cavallo” con lo stendardo reale e ancora uomini in armi e a causa della grande calca anche da un corpo di cavalleria. Fanno parte del corteo anche gli appartenenti alla Compagnia dei Bianchi vestiti di tunica e cappucci che nei tre giorni e nelle tre notti precedenti l’esecuzione si erano occupati della condannata con un preciso rituale di preghiere per la salvezza della sua anima.

Arrivati in piazza Giovanna Bonanno viene fatta fermare ai piedi della forca quindi il confessore le dà l’assoluzione ed infine saliti i gradini che portano sul patibolo il boia messa la corda al collo la lancia in aria, l’assistente contemporaneamente si avvinghia ai piedi per affrettare col peso del suo corpo la morte, al rintocco dell’Ave Maria la vecchia dell’aceto, nome con il quale è ormai conosciuta, esala l’ultimo respiro. A questa storia lo scrittore Luigi Natoli si ispirerà per un romanzo di successo con il titolo “La vecchia dell’aceto”.

Una storia questa che si sviluppa e che ha i suoi protagonisti, tra vittime e carnefici, esclusivamente tra le fasce più indigenti della società proprio tra quelli che erano ed in parte ancora sono i vicoli poveri e miserabili che si snodano dietro le quinte del Teatro del Sole.

Chi ha già qualche scritto o chi ci vuole raccontare una storia, le pagine di Historia Palermo sono aperte a tutti. Esperienze o storie sono benvenute, l’ultima volta era Simona che ci raccontava la visita del campo di sterminio di Auschwitz.

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