Palermo: La Porta del tempo
Ancora una volta Palermo ci riserva una nuova sorpresa in un viaggio dove la scienza diventa attore della religione. Un vero viaggio nel tempo che ci racconta quando tutta l’umanità è realmente riuscita a fare un salto nel tempo e dove la nostra Palermo diventa protagonista nelle decisioni del futuro.
La porta del tempo
di Sandro Mammina
Questa storia potrebbe iniziare con C’era una volta vicende e personaggi che tra poco conosceremo infatti sembrano uscire fuori da una fiaba che ci porterà indietro di parecchi secoli. Conosceremo un geniale frate domenicano che all’interno di uno dei conventi più antichi della città di Palermo realizzerà una “porta” che permette di viaggiare avanti ed indietro nel tempo pur rimanendo nello stesso luogo. Scopriremo infine per quale strano motivo il giorno della morte di una famosa santa verrà tramandato ai posteri con una data diversa e per quale misterioso incantesimo un giorno di ottobre di più di cinque secoli fa per volere di un papa le persone che quella notte andarono a letto si svegliarono ben dieci giorni dopo.
Ebbene per arrivare a capo di tutto ciò dobbiamo fare un passo indietro nel tempo di parecchi secoli e arrivare fino in Turchia in quella città che una volta si chiamava Nicea, qui nel 325 si svolse il primo concilio ecumenico della cristianità voluto e presieduto dall’imperatore Costantino. Il concilio che prese il nome proprio dalla città in cui si svolse venne concepito per affrontare importanti questioni teologiche e dogmatiche ma servì anche per dare alla comunità cristiana dell’epoca e non solo una regola per stabilire la festività più importante del mondo cristiano, memoria dell’evento su cui si basa la Fede nonché il fondamento del proprio Credo, stiamo parlando della festività mobile per eccellenza: la Pasqua di Resurrezione.
Per permettere cristiani di festeggiare tale festività in maniera del tutto indipendente dalla comunità ebraica proprio in quel concilio che passerà alla storia come Concilio di Nicea si stabilì una regola a cui verrà dato il nome di “ Regola alessandrina “ che stabilì che da quel momento e per i secoli a venire la Pasqua fosse celebrata “ la prima domenica successiva al plenilunio dopo l’equinozio di primavera “ equinozio che si fissò al 21 di marzo tale regola non è più cambiata e ancora oggi è quella che ci permette di risalire a tale festività.
È allora grazie a questa regola che la Pasqua non può celebrarsi prima del 22 marzo né dopo il 25 aprile, ogni anno quindi, dopo l’equinozio primaverile, conoscere la notte di plenilunio è stato sempre di fondamentale importanza per risalire alla domenica pasquale.
Dopo il concilio tutto filerà liscio per secoli fino a quando non si scoprì che più passava il tempo più il calcolo diventava imperfetto ciò a causa del calendario in vigore in quel periodo e su cui gli astronomi si erano basati per calcolare l’equinozio ovvero il calendario giuliano voluto da Giulio Cesare nel 46 a.c.
Tale calendario si basava sul ciclo solare che consiste in 365 giorni 5 ore 48 minuti e quasi 47 secondi e quindi non essendo un ciclo perfetto ogni anno accumulava un errore di 11 minuti e 14 secondi. Questo apparente trascurabile margine di errore nel corso dei secoli è inesorabilmente aumentato causando un lento ma continuo slittamento dell’equinozio che ricordo era stato fissato al 21 di marzo e che gli astronomi della seconda metà del 1580 avevano ricalcolato evidenziando ben dieci giorni di differenza e che lo portava all’11 di marzo.
Bisognava trovare rimedio e a ciò pensò papa Gregorio XIII incaricando un’apposita
commissione di scienziati e studiosi di risolvere il problema, della commissione fecero parte grandi matematici ed astronomi, anche due studiosi siciliani: Giuseppe Scala e il messinese Giuseppe Moleti detentore della cattedra di matematica all’ università di Padova prima di Galileo Galilei.
Le conclusioni della commissione trovarono fondamento negli studi di un geniale matematico tale Luigi Lilio le sue intuizioni infatti produssero una rivoluzione la cosiddetta riforma gregoriana che togliendo dal calendario i 10 giorni di differenza accumulati e cioè quelli dal 5 al 14 permise il fatto che l’equinozio tornasse al 21 di marzo.
Il tutto attraverso una bolla papale dal nome “Inter gravissimas“ che fu promulgata il 24 febbraio 1582 e che stabiliva quindi che il giorno successivo al 4 di ottobre di quell’ anno non fosse il 5 ma il 15 e siccome il 4 era un giovedì per non interrompere la settimana si stabilì che il 15 fosse un venerdì. E’ in questo modo che chi andando a letto la notte del 4 si svegliò la mattina del 15 e a tale proposito possiamo ricordare che la “vittima” più illustre della riforma fu santa Teresa d’Avila la fondatrice delle Carmelitane scalze che si spense proprio la notte del 4 la notte in cui entrava in vigore la riforma del calendario è per tale motivo che la data della morte fu trascritta come se fosse avvenuta il 15 e non il 5 e cioè il primo dei dieci giorni della storia che non è mai esistito.
Il calendario gregoriano è quello su cui tutti noi oggi viviamo e le correzioni apportate faranno sì che non succederà più nessun slittamento dell’equinozio.
Ma cosa ha a che fare tutto ciò con la nostra Palermo lo scopriremo tra poco per cui dopo la Turchia e la Roma papalina il nostro viaggio arriva infine proprio nella nostra città, l’anno è il 1723 e Carlo VI d’ Asburgo regna sulla Sicilia. All’interno del real convento di San Domenico dei Padri Predicatori o comunemente conosciuti come Domenicani vive un frate attivo e grandemente impegnato nei sui studi e nei suoi insegnamenti il suo nome è Benedetto Maria del Castrone. La sua è una ricca famiglia patrizia e Benedetto Maria classe 1669 è l’ultimo successore al ducato di S. Filippo, il loro bel palazzo col nome di Castrone-Santa Ninfa è ancora oggi visibile sul Cassaro in prossimità della Cattedrale. Il giovane Benedetto a 19 anni rinuncia però alla vita mondana ed ai privilegi che gli derivano dal suo rango ed entra far parte dell’ordine domenicano.
Diventa uno studioso, brillante matematico e un competente astronomo oltre che architetto, insegna e sarà priore presso il convento dei Domenicani in quel di Malta e lettore delle scienze matematiche presso i Cavalieri dell’ordine Gerosolomitano. Gli interessi di famiglia gli daranno l’opportunità di viaggiare e conoscere l’Europa ed i suoi scritti sono conservati nelle biblioteche di Venezia e Roma. Morirà nel 1748 alla veneranda età di 79 anni nel convento palermitano li dove aveva condotto una vita consacrata agli studi e seppur diventato ormai cieco grazie ai suoi discepoli ancora attivo nell’insegnamento fino all’ultimo.
I domenicani nel loro convento hanno un’importante biblioteca ed è proprio in questo luogo che Castrone decide di creare qualcosa che ancora oggi ci lascia stupefatti per ingegno. Si tratta di un imponente affresco che circonda ed incornicia in maniera spettacolare l’ingresso della biblioteca ricoprendone l’intera parete, il soggetto della pittura è un calendario liturgico perpetuo ed è concepito come un grande frontone in
cui simboli, lettere, numeri attinenti procedimenti matematici e calcoli astronomici vengono disposti in un ordine ben preciso tanto suggestivo quanto all’apparenza misterioso. Tutto questo è la complessa trasposizione visiva di uno studio dello stesso Castrone che compare in forma cartacea nel suo libro “ Horographia universalis “ volume conservato proprio presso i domenicani, l’ambiente che custodisce il prezioso affresco prende il nome di “ Sala del Calendario “ e si trova negli ambienti privati del convento, attiguo all’attuale refettorio.
Il calendario fa tesoro dei dettami della riforma gregoriana ed è pensato come un meccanismo virtuale che attraverso un algoritmo e quindi una serie calcoli e procedimenti permette di stabilire la data della Pasqua all’interno di un arco temporale che prende inizio dal 1700 per proseguire fino al 2192 ed oltre.
Su un grande cartiglio al centro una scritta in latino ci dà informazioni sull’autore dell’opera che è lo stesso Castrone, sull’anno di realizzazione e su chi fosse il priore all’epoca. Quindi collocati in preciso ordine simboli attinenti le fasi lunari, gli anni di riferimento, cicli lunari e solari e quanto era a conoscenza in quei tempi per tutto ciò che attiene i movimenti degli astri. Insomma, è un prodigioso ingranaggio, un infallibile strumento di calcolo che con la giusta conoscenza ed una precisa procedura funziona perfettamente come una macchina del tempo. Infatti proprio in cima dentro uno scudo il frate domenicano definisce la sua opera “ Ianua temporu perpetua “ e cioè Porta perpetua del tempo.
Il visitatore che volesse calcolare una qualsiasi Pasqua deve quindi collocarsi davanti tale porta e seguire una serie di passaggi da effettuare in un ordine ben preciso e di conseguenza si può essere in grado di risalire a tutte le Pasque possibili andando a ritroso nel tempo o proiettandosi nel futuro.
Nel fare ciò dobbiamo analizzare ogni parte dell’affresco come quella inferiore dalla quale ricaveremo preziose informazioni attinenti le fasi lunari e tutto ciò che concerne i cicli solari, quindi tali informazioni sotto forma di valori alfanumerici vengono inseriti in una sorta di calcolatore ante litteram di forma circolare che come un quadrante posto in cima alla parete fa da corona alla pittura. Il tutto funzione alla stregua di un meccanismo che attivandosi permette di risalire a qualsiasi domenica pasquale conoscendo il giorno di luna piena nonché la data con una precisione assoluta.
L’affresco di Benedetto Maria del Castrone è un’opera unica nel suo genere oltre che un capolavoro d’ingegno che dopo avere messo in esercizio la mente riempie i nostri occhi della sua bellezza e il nostro spirito di ammirazione nei confronti di un palermitano illustre uno scienziato che ha contribuito con il suo sapere ad arricchire Palermo di uno dei suoi tanti tesori nascosti.
PS: Vi svelo un piccolo segreto. La sala del calendario è visitabile 😉 Cliccate >> qui <<