La nascita dell’Unione dalle macerie della guerra.

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In questi giorni, vicini ormai alle elezioni europee, la storia di Palermo incrocia quella dell’Unione Europea.

Dimentichiamo per un attimo l’Austerity, il fiscal compact, la Brexit, frasi ricorrenti come “ce lo dice l’Europa”, “cambiamo l’Europa”. Dimentichiamo i tanti km che ci separano da Bruxelles.

E torniamo a sentire qual è il cuore pulsante dell’Unione europea provando a fare ordine e spazio nella nostra memoria storica. Nonché sforzi per comprenderla e migliorarla.

L’Unione Europea non è una realtà aliena venuta da molto lontano per annientare la nostra identità nazionale e bacchettarci sempre.

L’Unione Europea ha radici storiche molto profonde perché è nata dalle macerie della seconda guerra mondiale al fine di promuovere e coltivare la pace tra i popoli europei.

È un’idea di cooperazione nata e concepita con amore e dedizione per impedire che potesse nuovamente prodursi nel territorio europeo quell’immane tragedia che era stato il secondo conflitto mondiale per i paesi coinvolti e la popolazione intera impegnata al fronte e non.

Preludio della costruzione di un’unità europea era stato proprio quel manifesto di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941 durante il periodo di confino trascorso presso l’isola di Ventotene, in quanto oppositori del regime fascista.

Eugenio Colorni poi nel 1944, poco prima di essere ucciso, curò l’introduzione e la pubblicazione clandestina di questo documento nella Roma occupata dai nazisti. Significativo fu il contributo di alcune donne, come Ursula Hirschmann e Ada Rossi, che diffusero il manifesto dall’isola di Ventotene sul continente italiano facendolo conoscere tra gli ambienti dell’opposizione di Roma e Milano. Proprio Ursula Hirschmann riuscì a nascondere il manifesto cucendolo nella tasca del proprio cappotto e solo così poté farlo circolare fuori dall’isola.

La nascita dell’Europa comunitaria ha una data storicamente certa. Il 9 maggio 1950 l’allora ministro degli Esteri francese R. Schuman presentò attraverso una propria dichiarazione, il programma di base dell’integrazione politica europea, da lui elaborato insieme a J. Monnet, per la creazione di quella che, l’anno successivo, fu la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA).

Il carbone e l’acciaio sono proprio due risorse importantissime durante i periodi bellici. I paesi firmatari della CECA decidono di “condividere” le produzioni di queste due materie e diventano in questo modo dipendenti l’uno dagli altri e quindi diventa difficile scatenare una guerra tra di loro.

Proprio l’Italia è stata uno dei paesi fondatori, uno degli artefici della costruzione dell’Unione Europea (allora Comunità Europea), spinta dall’idea che mettendo insieme prima le risorse economiche e poi quei valori fondanti i paesi democratici (solidarietà, libertà, dignità, rispetto dei diritti) si sarebbe potuto costruire un’integrazione completa e sana tra i vari paesi.

Da allora i tasselli per la costruzione Europea sono stati molteplici. Gli allargamenti successivi pure. Da 6 paesi fondatori si è arrivati ad includere 28 Stati membri.

Questa lunga storia d’amore tra i popoli – che sembrava coronata nel 2012 dall’attribuzione del Nobel per la pace all’Unione Europea per il proprio ruolo nella costruzione del processo di pace al proprio interno (nessuna guerra l’ha più segnata dalla fine del secondo conflitto mondiale) – non è stata però priva di difficoltà e momenti dolorosi, come in tutte le storie.

Ben presto, infatti, il “sogno europeo” ha iniziato a vacillare e alcuni cittadini hanno cominciato ad alimentare dubbi e fastidi per l’apparente “ingerenza” dell’”Europa” nel proprio assetto nazionale.

Così questa bella storia ha cominciato a macchiarsi con parole come odio, populismo, intolleranza, sacrifici economici e austerità fiscale, chiusura delle frontiere, volontà di un paese come il Regno Unito di recedere dall’Unione Europea per la prima volta nella storia.

Eventi improvvisi ma prevedibili che hanno cominciato ad insinuarsi nell’assetto europeo quasi dimenticando tutto quel processo di costruzione che si era fatto finora. Dimenticando che l’Europa sono gli stati membri e quindi anche l’Italia, che ha potere di partecipazione ed intervento per tutte le decisioni che riguardano l’intera Unione.

Dimenticando che tra i popoli l’isolamento non porta mai a nulla di buono e così come la chiusura e la costruzione di muri e barriere. Dimenticando la solidarietà.

Dimenticando quell’enorme processo di costruzione nel riconoscimento dei diritti che, soprattutto nel nostro paese, si è evoluto grazie al contributo dell’Unione Europea che ha spesso “corretto” le carenze legislative degli stati o colmato le loro lacune.

Dimenticando la ricchezza che può derivare dall’incontro delle varie culture, reso più agevole dalla possibilità di far circolare velocemente persone, studenti, lavoratori ma anche capitali, merci, senza essere “schiavi” continuamente di un timbro apposto su un documento.

Oggi diamo tante cose per scontato ma non è così. Dobbiamo ricordare parole ricche come pace, diritti, memoria storica, così le opportunità offerte da iniziative come Erasmus, finanziamenti europei, abolizione delle tariffe roaming per chi si reca all’estero (quindi abbiamo sempre whatsapp!).

Ciò non significa che il sistema è perfetto e non si debba andare incontro a cambiamenti o correzioni del sistema soprattutto sul piano sociale.

Ma oggi chi mette in dubbio la nostra partecipazione all’Unione Europea vuole distruggere tasselli della nostra storia politica, culturale, legislativa condannandoci all’isolamento.

Sta a noi riflettere sul cammino fatto e sui passi ancora da compiere. Per un’Europa libera e unita, proprio come diceva il manifesto di Ventotene.

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